Il debito degli italiani verso Bettino Craxi è al centro di un dibattito tra il presidente del Senato Ignazio La Russa e il giornalista Aldo Cazzullo, il quale suggerisce che la mancanza di un intervento chirurgico possa aver influito sulla sua condanna. Craxi, condannato in due processi, è visto dalla “storiografia” ufficiale come un leader compromesso, ma ci sono voci critiche che affermano che le sue condanne siano il risultato di una manipolazione del sistema giuridico. Alcuni episodi della sua vita professionale suggeriscono un trattamento di favore per i riformisti, come nel caso di un socialista arrestato che ritirò dichiarazioni in cambio di un atteggiamento benevolo dell’inquirente.
Il giudizio più severo su Craxi proviene dai moralisti cattolici, che lo criticano sulla base di principi etici. Tuttavia, nella Prima Repubblica, molti partiti ricevettero finanziamenti illeciti, con Craxi che si trovò coinvolto in tangenti come quella del processo Enimont. Le strutture di potere, inclusi istituti religiosi e politici, avvalendosi di fondi neri, dimostrano che tali pratiche erano diffuse.
Dopo un’analisi della situazione politica europea, si evince che Craxi, pur essendo un riformista autentico, è diventato un capro espiatorio. La classe dirigente, per mantenere la stabilità sociale e politica dopo la caduta del muro di Berlino, ha neutralizzato le voci dissenzienti come quella di Craxi, il quale, a 25 anni dalla sua morte, merita una riabilitazione. Il contesto attuale richiede una riflessione su come il passato influenzi l’interpretazione della politica e della giustizia in Italia.