Nel 1528, Bellezza Orsini fu accusata di stregoneria a Fiano Romano, in particolare dalla comunità di Filacciano, che la riteneva responsabile di malattie e morti tramite pratiche magiche. Il giudice, attraverso interrogatori e torture, costrinse la donna a confessare di essere una strega e di aver partecipato a un sabba demoniaco. Tuttavia, gli atti del processo rivelano il profilo di una guaritrice istruita, in possesso di un "libro de 180 carte" contenente segreti di medicina popolare.
Questo libro, identificato come un Herbolario volgare, le forniva conoscenze su erbe e rimedi, come la cinoglossa, usata per zittire i cani, e permetteva a Bellezza di influenzare i destini amorosi. Anche se la professione medica legittima a Roma richiedeva una licenza, molte guaritrici operavano clandestinamente. Nonostante la presenza di casi di repressione, come la condanna a morte di Finicella nel 1426, Roma del Quattrocento mostrava una certa tolleranza verso la medicina alternativa.
In un recente saggio di Michele Di Sivo, all’interno del volume Medicina, magia, miracoli a Roma nella prima età moderna, viene analizzata la pluralità terapeutica del periodo. Il libro esplora anche la figura della prostituta, spesso associata alla fattucchiera, ed esamina la complessità dei rimedi utilizzati per vari mali, tra cui la sifilide.
Il volume, che celebra i quarant’anni dell’associazione Roma nel Rinascimento, offre una panoramica sulla medicina dell’epoca, evidenziando il dialogo tra pratiche ufficiali e alternative, e rivelando l’importanza di aspetti religiosi e devozionali nella cura dei malati.
Elaborazione AI: RassegnaNotizie.it
Fonte: ilmanifesto.it