Sono trascorsi esattamente 58 anni dall’ultimo combattimento di Che Guevara sul terreno militare, nella Quebrada del Yuro, in terra boliviana. La sua figura emerse come simbolo impossibile da mettere a tacere, grazie al valore atemporale dei suoi apporti nel campo delle idee politiche e dell’etica rivoluzionaria.
La storia di Cuba dimostra che la parola opportuna, sincera, critica e autocritica dei dirigenti può avere una grande “forza materiale” e generare norme di condotta nel popolo. Il Che, nel suo discorso ai giovani stranieri del 28 luglio 1960, espone la sua visione della Rivoluzione cubana e risponde alla domanda se la Rivoluzione sia comunista, affermando che se lo fosse, lo sarebbe perché ha scoperto anch’essa, con i propri metodi, i cammini indicati da Marx.
Il Che sottolinea l’importanza della verità e della sincerità nel discorso politico, affermando che la Rivoluzione cubana non dice mai una menzogna e esprime sempre la verità dei figli della sua terra. Il suo stile discorsivo, sincero e guevariano, permette di infrangere la barriera del tempo storico e di trarre inferenze pertinenti per la loro utilità attuale e appropriate per il momento storico che vive la Rivoluzione.
Il discorso del Che analizzato costituisce un monumento alla parola veritiera, onorando la convinzione di José Martí: “Serve meglio la Patria chi le dice la Verità”. La sua figura emerse come simbolo impossibile da mettere a tacere, grazie al valore atemporale dei suoi apporti nel campo delle idee politiche e dell’etica rivoluzionaria.

