Ernesto Maria Ruffini ha annunciato le sue dimissioni dall’incarico di direttore dell’Agenzia delle Entrate, affermando che “il clima è cambiato”. In un’intervista al ‘Corriere della Sera’, chiarisce che non intende scendere in campo attivamente nella politica, ma insiste nel rivendicare il diritto di esprimere la propria opinione. Ha già comunicato al ministro Giorgetti la sua intenzione di rimettere il mandato per permettere un regolare passaggio di consegne al suo successore.
Ruffini precisa che non intende partecipare al dibattito politico, sottolineando come non condivida la tendenza a considerare la politica un mero gioco di società e il bene comune come una questione di potere. Le sue dimissioni sono motivate dalla volontà di rimanere fedele a se stesso e ai principi di legalità che ha sempre rispettato. Sottolinea l’importanza della Costituzione e dell’uguaglianza, e critica l’idea che parlare del bene comune implichi una scelta di schieramento. Ritiene che il suo ruolo nell’Agenzia dovesse essere guidato dal rispetto delle leggi e dall’interesse collettivo.
Ruffini ha anche commentato le recenti critiche all’Agenzia, affermando che è inusuale vedere funzionari pubblici accusati di estorsione o definiti come sequestratori delle famiglie. Ha scelto di rimanere in silenzio fino ad ora per senso di responsabilità verso lo Stato. Tuttavia, avverte che demonizzare il fisco minaccia l’integrità dello Stato stesso, dal momento che le decisioni riguardanti la tassazione spettano al legislatore e non all’Agenzia. Dunque, secondo lui, gli evasori sono i veri nemici dei cittadini onesti.
Infine, Ruffini è stato descritto come un potenziale federatore, ma egli stesso esprime dubbi su come il cambiamento possa derivare da singoli individui. Sostiene di essere più incline a credere nella forza della cooperazione tra le persone per la realizzazione di un progetto comune, piuttosto che affidarsi a figure autoproclamate come salvatori della patria, considerandole poco promettenti. Le sue parole riflettono un profondo rispetto per il ruolo istituzionale e la dimensione collettiva degli interessi del Paese.