Il colera è un’infezione acuta dell’intestino che provoca diarrea, vomito e disidratazione. Nonostante le paure storiche, rappresenta una minaccia attuale in vari Paesi del mondo, specialmente in aree con conflitti o disastri naturali. Recentemente, un caso sospetto è stato segnalato a Brescia, Italia, in un paziente tornato dalla Nigeria, risultato positivo al Vibrio cholerae. Si stanno effettuando approfondimenti per valutare la pericolosità epidemiologica del ceppo.
Il batterio si trasmette principalmente tramite feci e alimenti contaminati. Nel XIX secolo, il colera ha causato diverse pandemie, ma oggi è considerato endemico in molti Paesi e non è stato eliminato dall’ambiente. I sierogruppi principali sono il Vibrio cholerae 01 e 0139, responsabili di casi confermati. Nel 2024, i casi globali di colera sono diminuiti del 16% rispetto all’anno precedente, mentre i decessi sono aumentati del 126%, secondo l’OMS. Le guerre e il cambiamento climatico sono fattori che contribuiscono all’aumento della mortalità.
Le epidemie avvengono in contesti di conflitto, inondazioni e strutture mediche inadeguate, soprattutto in aree rurali. Le dinamiche delle epidemie stanno diventando più complesse, influenzate da fattori che oltrepassano i confini nazionali. È stata evidenziata anche una carenza globale di vaccini contro il colera. I cibi più a rischio includono quelli crudi o poco cotti, specialmente i frutti di mare. Le condizioni igienico-sanitarie scadenti e la cattiva gestione delle risorse idriche sono principali cause di epidemie. Dopo un’incubazione di 24-72 ore, il trattamento prioritario è la reintegrazione dei liquidi, spesso attraverso soluzioni orali.