Da lassù, Papa Francesco sorride, ma con un’espressione perplessa e amara. Era una persona che detestava protocolli e formalità. Non aveva nemmeno le scarpe adatte per il conclave che lo ha eletto e le ha fatte comprare. Ha ridotto la Papamobile a un’utilitaria, ha voluto un funerale semplice e si vestiva da prete comune nelle sue apparizioni pubbliche.
Ora, cinque giorni di lutto nazionale proclamati dal governo italiano in suo onore e l’invito del ministro Musumeci per una celebrazione “sobria” del 25 Aprile lo lascerebbero perplesso. La “sobrietà” suggerirebbe di vietare alcolici, ma la Liberazione è una festa e non può essere celebrata in modo così austero. Si riflette sull’assurdo formalismo che può sorgere dal lutto prolungato. Giorgia Meloni, nell’intento di apparire statista, continua a scivolare su questo tema.
Il Papa disprezzava l’ipocrisia; la sua passione per il calcio era evidente, pur preferendo Pelè a Maradona e Messi. Era socio del San Lorenzo, il cui numero di tessera corrisponde all’ora della sua morte a Buenos Aires. Il calcio ha mostrato il suo lato peggiore tentando di omaggiarlo, programmando partite a Pasqua e poi rinviandole dopo la sua morte. Francesco avrebbe preferito stadi pieni di persone comuni, non di VIP. La situazione è stata complicata da problemi nel recupero di una partita, mostrando le difficoltà nel trovare soluzioni che accontentassero tutti. Gli Ultras manterranno alla fine la necessaria sobrietà.