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venerdì – 14 Novembre 2025

Crisi della democrazia in Africa

È stata una settimana difficile per la democrazia in Africa, con elezioni in tre grandi paesi – Camerun, Costa d’Avorio e Tanzania – che non sembrano essere state libere e regolari. In Camerun, l’annuncio della vittoria del presidente Paul Biya, al potere da 43 anni, ha scatenato proteste in varie città, con quattro persone uccise, decine di feriti e centinaia di arrestati.

In Costa d’Avorio, il presidente Alassane Ouattara è stato rieletto per un quarto mandato con l’89,77 per cento dei voti, in uno scrutinio da cui erano stati esclusi i suoi due principali avversari. L’affluenza alle urne è stata solo del 50 per cento, a testimonianza della disaffezione degli elettori.

In Tanzania, centinaia di persone sono scese in piazza per denunciare le sparizioni forzate e gli arresti dei politici dell’opposizione, sfidando la repressione della polizia. La Reuters ha ricevuto notizia di almeno cinque morti. Le proteste sono proseguite anche il giorno dopo, per criticare il tentativo della presidente Samia Suluhu Hassan di spianare la strada alla sua rielezione.

Queste situazioni riflettono un sentimento che sembra diffondersi in tutta l’Africa subsahariana, dove solo il 39 per cento degli intervistati dice di aver fiducia nelle commissioni elettorali dei loro paesi. Le elezioni vengono quindi svuotate del loro significato di esercizio democratico per essere usate come strumento di affermazione di un potere già consolidato.

Allo stesso tempo, ci sono governi africani che attaccano la democrazia perché la considerano un’importazione coloniale, un sistema di governo non autenticamente africano. Il nuovo uomo forte della Guinea, Mamadi Doumbouya, si è lamentato alle Nazioni Unite del fatto che “l’Africa soffre per un modello di governo che gli è stato imposto… e che non funziona”. Di recente, ha fatto approvare un referendum che gli permetterà di presentarsi alle presidenziali.

Il giornalista senegalese Ousmane Ndiaye individua il Camerun come l’esempio principe delle “finzioni democratiche” africane. Negli anni novanta, c’è stata un’ondata di apertura al multipartitismo e al pluralismo, ma spesso i vecchi regimi hanno semplicemente saputo riadattarsi a nuove norme, diventando democratici solo di nome. Ndiaye è molto critico anche verso i cosiddetti “oppositori storici”, che una volta arrivati al potere finiscono per ripetere gli stessi errori dei loro avversari.

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