L’economia dell’ex URSS, in particolare quella russa, continua a mostrare segni di precarietà, soprattutto a seguito delle ultime sanzioni imposte da Bruxelles. Queste misure, parte del 18° pacchetto di sanzioni, includono l’invito agli Stati membri a cessare l’uso delle infrastrutture energetiche russe e a ridurre il prezzo del petrolio da 60 a 45 dollari al barile. La Commissione Europea punta a esercitare ulteriore pressione su Vladimir Putin affinché avvii trattative con Volodymyr Zelensky.
Dopo l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni, l’economia russa ha vissuto un periodo di inflazione elevata e tassi d’interesse crescenti, segnando una transizione da un periodo di ricavi storici grazie agli idrocarburi a una fase di crisi. Secondo analisti del Center for Strategic and International Studies (CSIS), l’economia russa sta affrontando gravi sfide di stabilità, come carenza di manodopera, inflazione e rallentamento della crescita.
Il rapporto evidenzia come le entrate dell’economia si contrarranno ulteriormente, costringendo a compromessi nella spesa pubblica e rafforzando la posizione dell’Ucraina sia in ambito militare che negoziale. Sebbene la situazione economica interna della Russia rimanga difficile, non si prevede un immediato collasso. Il Cremlino, pur volendo la revoca delle sanzioni, difficilmente farà concessioni significative basate su fattori economici. La tensione rimane alta, con l’economia russa in una fase di transizione critica.
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Fonte: formiche.net