La difesa nazionale italiana è attualmente integrata nei meccanismi della NATO e dell’Unione Europea (UE), ma è lontana dall’essere autonoma e autosufficiente. Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Italia repubblicana ha dipendente dalla NATO, in particolare dagli Stati Uniti, per la propria sicurezza. I tentativi di creare una difesa europea tramite la Comunità Europea di Difesa (CED) nel 1952 fallirono a causa della mancata ratifica da parte della Francia. Con il Trattato di Lisbona nel 2009, l’UE ha cercato di definire una politica di difesa comune, che richiede l’unanimità per le decisioni nel Consiglio dell’Unione, ostacolando l’efficacia militare dell’UE.
I principali ostacoli alla costituzione di una difesa europea sono la sua struttura confederale, l’assenza di un esercito comune e la necessità di decisioni unanimi. Sebbene l’UE abbia sviluppato agenzie e iniziative per coordinare la difesa, come l’Agenzia Europea per la Difesa, rimane dipendente dalla volontà degli Stati membri, la maggior parte dei quali mantiene prioritario il legame con la NATO.
Il progetto “ReArm Europe” lanciato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, propone l’aumento delle spese per la difesa e finanziamenti congiunti per migliorare l’interoperabilità tra le forze europee, mentre il bisogno di una risposta rapida e secondo le necessità emergenti è più urgente che mai, data l’invasione russa dell’Ucraina. Tuttavia, l’UE non ha ancora raggiunto una reale capacità operativa e decisionale, e le sue risorse potrebbero non essere sufficienti senza una trasformazione strutturale verso una federazione che unisca realmente gli Stati membri per affrontare le minacce contemporanee.
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