Mancano solo due appuntamenti elettorali e poi il ciclo dei rinnovi di sette Consigli regionali si chiude. Salvo improbabili sorprese, l’assegnazione dei governatori si può considerare chiusa, con la Campania e la Puglia che dovrebbero andare al centrosinistra e il Veneto al centrodestra, mentre la Valle d’Aosta fa storia a sé. La partita si concluderà quindi con un pareggio: tre a tre.
Si possono già cogliere processi in corso sulla scena politica, confermati dalla mobilitazione per il referendum sulla riforma giudiziaria. Si sta consolidando la tendenza all’esautoramento dei partiti da parte di associazioni, sindacati e lobbies, che stanno assumendo un ruolo di intermediari tra Stato e società. I partiti d’opposizione si sono accodati a queste realtà, mentre quelli di governo si sono fatti condizionare.
Un effetto di questo processo di esautoramento dei partiti è la loro tendenza a ricercare interlocutori e sostegni elettorali senza troppo guardare alla coerenza con le loro storie, identità e programmi. Lo si è visto nella formazione delle recenti liste elettorali, particolarmente in Campania, dove il candidato governatore Fico è stato nemico giurato del governatore uscente De Luca, ma poi si è lasciato presentare liste personali da quest’ultimo e da altri esponenti politici.
I programmi sono stati sacrificati per secondare le preferenze di possibili partner. Caso emblematico è il termoutilizzatore, che va e viene dalla lista degli impegni da realizzare a seconda delle convenienze. Un’altra conseguenza dell’asfissia dei partiti è la tentazione di recuperare ossigeno alzando la voce e estremizzandosi alla ricerca di spazi promettenti.
L’esautoramento della politica non è figlio solo dell’impoverimento di idee da parte dei partiti, ma trova un rinforzo nel parallelo frazionamento della società. Associazioni di interesse, corporazioni e sindacati vari si muovono in autonomia e danno vita a proteste sui più diversi temi. La disarticolazione è talmente pronunciata che investe anche i sindacati, che incontrano difficoltà a usare un linguaggio comune per rappresentare un mondo del lavoro frammentato.
Il lavoratore dipendente qualificato trova sempre meno interesse a farsi rappresentare dal sindacato, mentre l’imprenditore cerca di fidelizzarlo con benefit e forme di welfare. Difficile per l’elettore orientarsi in un quadro politico che si presenta semplificato, ma in realtà è a sua volta frammentato. Non c’è da stupirsi se l’elettore si sente spaesato o apertamente disamorato e si rifugia nell’astensione.

