Il Futurismo continua a suscitare controversie, tanto che l’intellighenzia di sinistra tende a boicottarne eventi e mostre. Dopo la mostra “Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe” al Guggenheim di New York nel 2014, il valore culturale dell’avanguardia italiana è riconosciuto a livello globale. Tuttavia, la recente esposizione “Il tempo del Futurismo” ha sollevato critiche. Si è discusso del coinvolgimento dello storico dell’arte Alberto Dambruoso, estromesso dalla curatela, e del ricorso legale da lui presentato contro il curatore Gabriele Simongini per presunti attacchi diffamatori. Dambruoso ha anche accennato alle sue interazioni con Massimo Osanna, direttore generale dei musei al Ministero della Cultura.
La mostra ha ricevuto critiche su vari fronti. Giancarlo Carpi ha denunciato la presenza di falsi e l’assenza di opere promesse, ma alcune accuse si sono rivelate infondate. Federico Giannini ha sottolineato la natura eccessivamente popolare della mostra, che risulta meno soddisfacente rispetto ad altre e priva di contesto internazionale. La nuova direttrice della GNAMc, Renata Cristina Mazzantini, è stata al centro di polemiche per la sua nomina e il nuovo logo del museo.
La mostra cerca di mettere in relazione le opere futuriste con lo sviluppo scientifico e tecnologico, rispetto alle precedenti esposizioni che presentavano solo opere. Questo approccio mira a una comprensione più profonda del Futurismo, che è stato storicamente associato al Fascismo, creando un tabù culturale che si è lentamente dissipato solo dopo il 1960. La mostra, prorogata fino al 25 aprile, segna dunque un tentativo significativo di raccogliere nuovamente l’interesse verso il Futurismo nelle sue molteplici forme.