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venerdì, 13 Dicembre, 2024
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Gli spaghetti più sottili del mondo: una creazione all’arte culinaria

Un gruppo di ricerca dell’UCL ha sviluppato spaghetti sottilissimi, 200 volte più sottili di un capello umano, non come nuovo alimento, ma per i loro utilizzi nelle nanofibre in medicina e industria. Queste nanofibre di amido, prodotte da molte piante verdi per immagazzinare glucosio, promettono applicazioni nelle bende per ferite, grazie alla loro porosità che permette l’ingresso di umidità e l’esclusione dei batteri, oltre a potenziali usi nella rigenerazione ossea e nella somministrazione di farmaci. Tradizionalmente, le nanofibre sono estratte dall’amido vegetale, un processo energivoro e che consuma acqua. Il team di ricerca ha ideato un metodo ecologico, producendo nanofibre direttamente da ingredienti ricchi di amido come la farina. Utilizzando una tecnica chiamata elettrofilatura, hanno creato spaghetti con un diametro di 372 nanometri, tirando un composto di farina e liquido attraverso un ago carico elettricamente.

Beatrice Britton ha guidato lo studio nell’ambito del suo master in chimica all’UCL. Adam Clancy, coautore dello studio, ha spiegato il processo, paragonando gli spaghetti ottenuti a spaghetti normali ma molto più piccoli. I ricercatori hanno approfondito la storia di una pasta tradizionale sarda, la “su filindeu”, che misura circa 400 micron di larghezza, risultando quindi mille volte più spessa della loro creazione. La nuova “nanopasta” ha formato un tappeto di nanofibre visibile, ma i filamenti sono troppo sottili per essere catturati da strumenti ottici convenzionali e sono stati misurati tramite microscopia elettronica a scansione.

Gareth Williams ha evidenziato il potenziale delle nanofibre di amido nel campo delle medicazioni per ferite e nella rigenerazione dei tessuti, poiché imitano la matrice extracellulare. L’amido è abbondante e biodegradabile, ma la sua purificazione richiede molta lavorazione, cosa che il nuovo metodo di produzione punta a semplificare. Clancy ha sottolineato l’importanza di studiare la biodegradabilità e l’interazione con le cellule del nuovo prodotto, evidenziando che, non essendo utile come alimento, questo richiederà ulteriori ricerche.

Il processo di elettrofilatura, più complesso quando si usa la farina rispetto all’amido puro, ha richiesto l’uso di acido formico per rompere le molecole di amido e ottenere la giusta viscosità. Il composto è stato riscaldato e raffreddato per una corretta consistenza, confermando le potenzialità delle nuove nanofibre.

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