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lunedì, 12 Maggio, 2025
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Il caso Tuveri: «Le fallacie della politica sarda»

«Non basta bandire un concorso e vincerlo, come nel caso del chirurgo oncologo Tuveri. È necessario dotarlo di una struttura organizzativa efficiente, di spazi per operare e di un team di almeno quattro medici per la sala operatoria. Privato di ogni strumento, Tuveri ha dovuto limitarsi a visitare pazienti oncologici per un anno, senza programmazione e negando ai malati ogni prospettiva». Claudia Zuncheddu, di Rete Sarda per la Difesa della Sanità Pubblica, denuncia la situazione in un comunicato.

«La revoca dell’incarico di primario e il licenziamento, paradossalmente per non aver raggiunto gli obiettivi, sono nelle mani della magistratura. Tuttavia, il suo reinserimento non basta senza una seria programmazione ospedaliera e senza considerare che lo smantellamento dell’unico ospedale oncologico sardo, il Businco, con il trasferimento di reparti ben organizzati come quello di Chirurgia Toracica, comporta l’implosione del Brotzu». Secondo Zuncheddu, «la politica ha la responsabilità del mancato raggiungimento degli obiettivi. Il vincitore del concorso, con stipendio da primario, è costretto a lavorare a Verona, a spese della Regione. Con quale titolo? E a quali costi per il bilancio sanitario?».

«La nostra sanità», continua Zuncheddu, «non può essere mortificata da giochi di potere e rapporti di forza nella politica, sempre più distante dai bisogni di pazienti e personale sanitario. Rete Sarda spera che chi governa la Sardegna prenda sul serio la deriva disastrosa della sanità pubblica».

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