Il testo analizza l’evoluzione del consumo di crimine nell’intrattenimento di massa, partendo da una citazione di Michele Serra nel 1991 riguardo alla “fame mediatica” per i delitti. Negli ultimi decenni, il fenomeno è cresciuto con milioni di persone che seguono notizie di crimine tramite smartphone, TV, podcast e social, trasformando gli omicidi efferati, in particolare femminicidi, in spettacolo. Non tutti i delitti vengono trattati allo stesso modo; solo alcune violenze diventano casi di grande interesse pubblico.
Si fa notare che il crimine ha sempre avuto un ruolo nell’intrattenimento, dalla tradizione teatrale elisabettiana a forme più moderne di cronaca nera. Nonostante il numero di omicidi sia diminuito, oggi l’interesse per il genere giallo e noir è aumentato. Le fonti di intrattenimento sono molteplici e le persone si identificano anche nei ruoli delle vittime.
La narrazione evidenzia come le atrocità servano a creare collegamenti sociali in una società frammentata, fungendo da eventi comuni in grado di evocare emozioni e desideri di giustizia. Si compare il tutto alla tragedia greca, che offriva una funzione catartica, differente però dall’attuale situazione, in cui molti casi rimangono irrisolti e la giustizia sembra distante. La dinamica del “true crime” riflette anche paure personali, soprattutto tra le donne, che trovano in queste storie un modo per affrontare l’insicurezza legata alla propria vulnerabilità.
Elaborazione AI: RassegnaNotizie.it
Fonte: www.lettera43.it