Sofia De Barros, deceduta a otto anni a causa della leucodistrofia metacromatica, ha ispirato i suoi genitori, Guido e Caterina, a fondare l’associazione Voa Voa. Questa iniziativa ha portato all’introduzione di un test per la diagnosi precoce della malattia negli ospedali toscani. Le gocce di sangue donate dai genitori alla ricerca, sebbene non potessero salvare Sofia, sono state fondamentali per sviluppare questo test, permettendo di individuare la malattia prima della comparsa dei sintomi, una condizione necessaria per l’efficacia delle terapie disponibili.
Attualmente, la questione della diagnosi precoce è tornata d’attualità con la vicenda di Gioia, una bambina emiliana che non ha potuto beneficiare di questo test a causa della mancanza di un progetto pilota nella sua regione. La mancanza di screening per la leucodistrofia metacromatica è vista come un’omissione di soccorso, considerando che esiste una cura che può salvare il bambino se somministrata in tempo.
De Barros esprime amarezza per il fatto che spesso si deve arrivare a tragedie per riprendere in mano la questione, chiedendo un’accresciuta sensibilizzazione e l’adozione di programmi di screening che non comportano costi proibitivi. La sua speranza è di vedere l’Emilia Romagna e altre regioni italiane seguire l’esempio positivo della Toscana e della Lombardia, attivando progetti pilota per garantire diagnosi precoci. Nonostante le lettere inviate al presidente regionale De Pascale e il supporto offerto per finanziare l’iniziativa, ad oggi non è giunta alcuna risposta.