L’affermazione che la politica del figlio unico in Cina abbia impedito 400 milioni di nascite è stata smentita da studiosi accademici. Questo dato si basa su assunti errati, prevalentemente l’idea malthusiana di una crescita esponenziale della popolazione. Le proiezioni cinesi sono orientate sui dati degli anni Cinquanta e Sessanta e ignorano il fatto che il tasso di fertilità in Cina già stava diminuendo prima dell’introduzione della politica nel 1980. Negli anni Settanta, la campagna di contraccezione aveva già avviato un calo significativo, il che fa ritenere che i risultati attuali derivino in gran parte da interventi precedenti.
Dal 1980 al 1988, il tasso di fertilità è sceso solo marginalmente da 2,81 a 2,73, con il calo significativo che si è verificato solo a partire dagli anni Novanta. Gli studiosi, come Whyte, suggeriscono che il drastico abbassamento delle nascite negli anni Settanta ha avuto effetti prolungati, e il passaggio da una politica restrittiva a quella dei due figli non ha invertito la tendenza. Inoltre, dal 2021, anno in cui la politica è stata abolita, il tasso di fertilità è cresciuto solo leggermente, da 1,70 a 1,71.
Va sottolineato che, nonostante l’abolizione della politica, alcune province continuano a imporre restrizioni, in particolare per le minoranze etniche come uiguri e tibetani, che affrontano ancora misure coercitive. Studi indicano un calo significativo del tasso di fertilità tra le donne uigure, a testimonianza di un controllo demografico mirato.