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martedì, 13 Maggio, 2025
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Il referendum: una sfida per il Pd

Tra poco si celebrerà l’anniversario di una vera unità nel Partito Democratico, che attualmente si mostra spaccato su alcuni temi cruciali. In programma il referendum promosso dalla Cgil di Maurizio Landini, fissato per l’8 e 9 giugno, durante i ballottaggi comunali del 25 e 26 maggio, in città come Genova, Ravenna e Taranto. L’ala riformista del Pd si è distaccata dalle indicazioni della segretaria Elly Schlein, che auspicava un voto compatto sui quesiti. I riformisti hanno dichiarato che ognuno esprimerà liberamente il proprio voto, incluso il “No” o la scheda bianca, che potrebbe avvantaggiare la maggioranza governativa.

Il messaggio ufficiale dei riformisti resta quello di non boicottare, affermando che andranno a votare. I due quesiti riguardano la riduzione da dieci a cinque anni per la residenza necessaria al fine di ottenere la cittadinanza e la responsabilità dell’impresa in caso di infortuni ai lavoratori. Alessandro Alfieri ha suggerito che sia necessario un adeguamento al jobs act, sottolineando l’importanza del Parlamento in questo processo. Matteo Renzi ha aperto alle collaborazioni con i riformisti del Pd, avvertendo che una coalizione eccessivamente a sinistra potrebbe favorire Giorgia Meloni.

Nel contesto progressista, si sottolinea che la non partecipazione è stata storicamente vista come una strategia politica. Giorgio Napolitano, in un’intervista del 2016, aveva affermato che non votare può riflettere l’inconsistenza di un’iniziativa referendaria. Anche una campagna de La Quercia del 2003 sottolineava che non votare un referendum considerato inutile è un diritto per tutti.

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