In Ruanda è scoppiata un’epidemia del virus Marburg, uno dei più letali conosciuti, con 13 morti e 58 ammalati, rendendola una delle epidemie più grandi mai documentate. Dichiarata il 27 settembre, è la prima epidemia di Marburg nel paese. Sebbene gli scienziati premano per non abbassare la guardia, si spera in una riduzione rapida dei casi. Non esistono vaccini o trattamenti approvati per il virus, che è imparentato con l’Ebola e presenta tassi di mortalità che variano dal 23% al 90%. I sintomi iniziali, come febbre alta e mal di testa, possono facilmente essere confusi con altre malattie, compresa la malaria, che ha complicato la diagnosi in Ruanda.
I focolai di Marburg sono aumentati negli ultimi anni, forse a causa di fattori ambientali come il cambiamento climatico e la deforestazione, che facilitano il contatto tra esseri umani e animali portatori del virus. Adam Levine, esperto in medicina d’emergenza, avverte che le malattie trasmesse dagli animali diventeranno sempre più frequenti. Il virus Marburg, paragonato all’Ebola che ha causato oltre 11.000 morti in Africa occidentale tra il 2014 e il 2016, è motivo di preoccupazione per la comunità sanitaria globale.
Con la popolazione di Kigali spaventata dall’epidemia, risulta fondamentale il tracciamento dei contatti e le misure di isolamento. Nei prossimi giorni, i rilevatori di contatti monitoreranno centinaia di persone in contatto con i malati. Tuttavia, il sistema sanitario ruandese è sotto pressione a causa dell’elevata prevalenza della malaria, che ostacola i test diagnostici per il Marburg.
La normativa prevede che l’epidemia sia dichiarata conclusa se non si registrano nuovi casi per 42 giorni, equivalenti a due periodi di incubazione. Gli studiosi stanno anche ricercando un candidato vaccino e testando l’efficacia dell’antivirale remdesivir contro il Marburg. Anche se ci sono speranze, gli studi preliminari sul remdesivir per Ebola sono stati deludenti, suggerendo che potrebbe non essere efficace. Infine, Jean Kaseya dei Centri africani per la prevenzione delle malattie sottolinea l’urgenza per l’Africa di sviluppare capacità autonome per produrre vaccini e trattamenti, evitando di dipendere da rifornimenti esteri costosi.