Dieci giorni dopo l’annuncio dei dazi da parte di Donald Trump, Scott Bessent, segretario al Tesoro, informò un gruppo di investitori a Washington, ipotizzando una “de-escalation” con la Cina. Subito dopo, il mercato azionario di New York fece un balzo oltre il 10% in dieci giorni, sollevando sospetti di insider trading tra i partecipanti.
Un’inchiesta di ProPublica ha coinvolto tre funzionari dell’amministrazione Trump, tra cui la procuratrice generale Pam Bondi. Il 2 aprile, Bondi vendette azioni di Trump Media, poco prima dell’annuncio delle maxi-tariffe, con il titolo che successivamente crollò del 13%. Anche se non ci sono prove di insider trading, la tempistica dell’operazione è stata ritenuta sorprendente.
Sean Duffy, segretario ai Trasporti, vendette azioni il 11 febbraio, pochi giorni prima della rivelazione dei piani tariffari di Trump. Tobias Dorsey, consulente legale della Casa Bianca, effettuò vendite simili il giorno prima che venisse annunciata l’applicazione di dazi al 25% su Canada e Messico. Anche in questo caso, le vendite sono avvenute in un contesto di grande turbolenza nei mercati, senza prove definitive di utilizzo di informazioni riservate.
Il clima di opacità e le ipotesi di pratiche di insider trading si intensificano, mentre i regolatori non intervengono. Infine, anche investitori anonimi sfruttarono l’annuncio di una criptovaluta di Melania Trump per guadagnare rapidamente. La situazione solleva interrogativi sulla trasparenza e l’integrità dei mercati americani.
Elaborazione AI: RassegnaNotizie.it
Fonte: www.corriere.it