Negli ultimi tempi, la discussione sull’intelligenza artificiale è stata dominata dai grandi modelli linguistici, come GPT-5, Claude e Gemini, che promettono “general intelligence” e hanno capacità di ragionamento e creatività sintetica. Tuttavia, la realtà che si incontra nelle aziende è diversa: l’AI che lavora realmente non è quella che fa notizia, ma piuttosto quella che automatizza ticket, controlla contratti, genera report e ordina dati.
Dietro il clamore dei modelli giganti, si sta affermando una nuova grammatica dell’intelligenza artificiale, basata sui “small model”, modelli compatti e contestualizzati che eseguono il lavoro sporco dell’AI enterprise. Questi modelli non hanno la brillantezza conversazionale dei fratelli maggiori, ma sanno eseguire con efficienza ciò che serve per creare valore.
Le aziende che stanno ottenendo risultati non inseguono l’AGI (General Intelligence), ma costruiscono “fabbriche cognitive”, catene produttive dove i dati passano di mano in mano tra modelli diversi, ciascuno addestrato su un compito specifico. Un modello piccolo classifica le richieste in ingresso, un altro estrae i dati rilevanti, un terzo li sintetizza, e solo alla fine un modello più grande interviene per generare insight o decisioni complesse.
Il principio è semplice: non serve un modello nuovo ogni mese, serve un sistema che migliori ogni settimana. Le imprese che funzionano in questo modo hanno tre tratti comuni: architettura modulare, governance chiara e misurazione dell’impatto. Il nuovo paradigma dell’orchestrazione richiede una figura chiave, l’orchestratore, che unisce visione strategica, comprensione dei dati e capacità di disegnare processi.
La sfida delle aziende italiane sarà implementare un modello di AI governance continua, non burocratica ma evolutiva. La cultura aziendale deve cambiare: l’intelligenza artificiale non è un progetto IT, ma una funzione di business con impatti etici, organizzativi e competitivi. Il bello degli small model è che non servono per forza budget miliardari per ottenere risultati. Un’azienda può iniziare da processi semplici e costruire valore incrementale. Ogni modello che funziona diventa un “mattone intelligente” nel sistema. Nel tempo, questa architettura distribuita crea vantaggi tangibili: meno inefficienze, tempi più rapidi, decisioni basate su dati e una cultura interna che impara a ragionare in modo algoritmico.

