L’attacco israeliano all’Iran rappresenta un ulteriore colpo per l’economia globale, già provata dal conflitto in Ucraina e dalle crisi umanitarie in Medio Oriente, in particolare a Gaza e nella Cisgiordania. Questa nuova escalation aumenta l’incertezza e i rischi per la crescita economica e il commercio internazionale, che erano già stati compromessi dalla politica di dazi di Donald Trump. Le istituzioni finanziarie mondiali, come la Bce e il Fmi, devono affrontare le ripercussioni di una situazione in costante evoluzione.
Mentre i mercati finanziari hanno reagito subito all’attacco, le conseguenze sull’economia reale richiederanno tempo per essere valutate, aggiungendosi a tensioni già esistenti. Le sanzioni, utilizzate come strumento per esercitare pressione su aggressori come la Russia o sull’Iran, possono avere effetti collaterali che danneggiano anche chi le impone. Nel caso di Israele, solo sanzioni personali contro alcuni ministri sono state adottate finora da vari paesi.
Le implicazioni economiche dell’escalation tra Israele e Iran si riassumono in tre punti: l’aumento dei prezzi dell’energia, la contrazione dell’export e le tensioni sulle catene di approvvigionamento. L’Italia, che dipende in misura significativa dal gas e dal petrolio mediorientale, rischia di vedere i costi energetici lievitare, con ripercussioni su inflazione e produzione. Le aziende italiane impegnate nell’import/export potrebbero affrontare maggiori costi logistici e una domanda in calo, aggravata dall’instabilità delle rotte commerciali globali, già vulnerabili a causa della guerra in Ucraina e della crisi nel Mar Rosso.
Elaborazione AI: RassegnaNotizie.it
Fonte: www.adnkronos.com