Associare Johan Sebastian Bach alla "rivoluzione" musicale può sembrare inappropriato, poiché le sue opere non introducono novità radicali nel linguaggio compositivo. Sebbene il catalogo delle sue opere conti circa 1128 numeri d’opus, non presenta generi inediti o trasgressioni significative. Ad esempio, le sue oltre duecento cantate sacre seguono modelli consolidati della liturgia tedesca del Settecento, come la Biblische Kantate e la Choralkantate. Anche le Passioni si conformano ai canoni religiosi dell’epoca, senza discostarsi dai dettami tradizionali.
La musica strumentale di Bach, pur essendo ricca, rimane ancorata a stili esistenti, come evidenziato dai concerti che richiamano il modello vivaldiano e dalle Suites che adattano i canoni della sonata da camera. Tuttavia, il suo Musikalische Opfer, prodotto della sua maturità, sfida questa idea di staticità per il suo significato profondo e complesso.
Quest’opera, composta nel 1747 durante un viaggio alla corte prussiana, consta di tredici brani, tra cui sonate, canoni e una fuga, con l’intento di dimostrare tesi musicali in forma di discorso retorico. Nonostante la sua struttura sembri libera e non prescrittiva, è concepita come un saggio per l’ammissione a una società musicale. Ursula Kirkendale suggerisce che segua lo schema dell’orazione retorica di Quintiliano, evidenziando il carattere "rivoluzionario" del Musikalische Opfer. Quest’opera rappresenta un tentativo di navigare la complessità della musica occidentale, utilizzando tecniche mnemoniche per unire scienza, parola e sacro.
Elaborazione AI: RassegnaNotizie.it
Fonte: ilmanifesto.it