Il Rapporto Annuale dell’INPS mette in evidenza le sfide del sistema pensionistico e del mercato del lavoro in Italia. Negli ultimi anni, si è osservato un significativo cambiamento nei pensionamenti: dopo aver raggiunto picchi di circa 500mila pensionamenti anticipati all’anno tra il 2019 e il 2021, si è registrata una diminuzione a 300mila nel 2023. L’età media effettiva di accesso alla pensione è attualmente di 64,2 anni, inferiore ai 67 anni richiesti legalmente, grazie a diverse opzioni di uscita anticipata. Questo, insieme a un tasso di sostituzione del 58,9% (uno dei più alti in Europa), esercita una notevole pressione sul sistema previdenziale. La spesa pensionistica ha raggiunto nel 2021 il 16,3% del PIL, superando di gran lunga la media europea del 12,9%. La sfida futura risiede nella crescente popolazione anziana e nella diminuzione dei contribuenti attivi.
In termini di occupazione, nel 2023 si è registrato un incremento di 1,08 milioni di lavoratori iscritti all’INPS dal 2019, per un totale di 26,6 milioni. Questa crescita è stata principalmente trainata dai dipendenti privati a tempo indeterminato, mentre vi è stata una diminuzione nei lavoratori autonomi. Un incremento di 540.000 lavoratori provenienti da paesi extra-UE è stato registrato, ma l’aumento delle retribuzioni non ha compensato la perdita di potere d’acquisto a causa dell’inflazione, che ha visto i salari crescere del 6,8%, mentre i prezzi sono aumentati tra il 15% e il 17%.
Riguardo al Reddito di Cittadinanza, nel 2023 sono state identificate oltre 266.000 domande a rischio frode, con un risparmio di 1,05 miliardi di euro. Per quanto riguarda l’Assegno di Inclusione, nel primo semestre del 2024, circa 695.000 nuclei familiari ne hanno beneficiato, principalmente nelle regioni del Sud, dove oltre il 69% delle famiglie è ubicato.
Infine, si evidenziano notevoli disparità di genere nelle pensioni: al 31 dicembre 2023, gli uomini rappresentano il 47% dei pensionati, percependo un reddito medio del 35% superiore rispetto alle donne (2.056,91 euro contro 1.524,35 euro). Questa differenza è in gran parte dovuta alle carriere lavorative delle donne, spesso compromesse da maternità e responsabilità familiari. Effetti significativi sulla carriera femminile includono una maggiore probabilità di lasciare il lavoro dopo la nascita di un figlio, accompagnata da perdite sostanziali dei redditi.