Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha reagito in modo provocatorio durante un intervento al Parlamento, proponendo una lettura del Manifesto di Ventotene che ha suscitato critiche. Il suo discorso ha rievocato figure storiche come Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, antifascisti emblematici, ma con un approccio che ha sollevato dubbi sulla sua comprensione delle differenze tra ideologie politiche. Mal consigliata, Meloni ha dimostrato una conoscenza superficiale, confondendo il socialismo liberale con il comunismo, e riproponendo una retorica anti-antifascista che evidenzia una certa ignoranza storica.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è un fermo sostenitore dei valori europei rappresentati da Spinelli, e il confronto tra le due posizioni è emerso in modo evidente. Meloni sembra ignorare anche il pensiero di Gianfranco Fini, il quale nel 2013 sottolineava l’importanza di un’Europa unita e federale, libera da nazionalismi e capace di affrontare le sfide del mondo contemporaneo. Questo nonostante la sua necessità di identificarsi con una base elettorale che desidera segnali di forza identitaria.
Inoltre, Meloni dimostra di voler mantenere un legame con le tendenze di destra globali, come quelle già tracciate da Donald Trump, rifiutando i valori europei e cercando di mobilitare il suo elettorato contro fantasmi di “comunisti”. Questa strategia non solo serve a consolidare il suo potere, ma mette in evidenza una dissociazione dalla realtà democratica, rendendo difficile la sua posizione come figura unificatrice nel panorama politico italiano.
