Ludovic Nkoth, artista del Camerun che vive e lavora a New York, presenta un nuovo ciclo di opere alla sede milanese di MASSIMODECARLO. Questa mostra personale segna un ulteriore passo nella sua esplorazione della figura umana, spingendosi ai limiti della percezione del corpo e della profondità psicologica, con frequenti riferimenti allo sport.
I nuovi lavori conducono il visitatore in uno spazio intimo e universale, dove i corpi, spesso colti in un momento di transizione, sembrano attraversati da forze che sfuggono al loro controllo. Al centro dei dipinti non c’è solo il corpo umano, ma un presente in continuo mutamento, che porta a interrogarsi su cosa significhi essere testimone di un’epoca segnata da narrazioni sovente contrastanti.
L’approccio di Nkoth al corpo non si fonda unicamente sull’anatomia e sulla gestualità, ma sulla sua presenza all’interno di un contesto strettamente legato alla storia e all’attualità, segnato da mutamenti globali, traumi collettivi e bilanci personali. L’artista riflette su cosa significa oggi essere un artista, traducendo un momento storico complesso in un suo linguaggio visivo.
Attraverso la sua pittura, Nkoth riesce a trasmettere un’urgenza sulla tela, ritraendo soggetti che incarnano il peso emotivo, psicologico e culturale del presente. Il “qui ed ora” del lavoro di Nkoth emerge nei gesti ricchi di impatto e significato delle sue figure e nell’atto della creazione dell’opera. L’artista è allo stesso tempo spettatore e protagonista dei suoi lavori, mostrando un mondo segnato da disordini politici, sconvolgimenti sociali e ricerche interiori.
Le sue opere danno forma all’esperienza Black, con un’intensità emotiva che dialoga profondamente con le sue vicende e con la complessità della sua eredità culturale. Ogni ritratto, con il suo impasto denso e materico, mostra un universo di colori con tonalità vibranti. Personaggi dalle dettagliate caratteristiche fisiche si accompagnano a figure abbozzate. Nkoth trasforma ogni volto in una mappa stratificata, svelando bellezza e fatica, e lasciando emergere ciò che spesso si cela sotto la superficie.
Lo sport, che ricorre spesso nelle sue opere, si trasforma in una metafora potente, i cui soggetti, come atleti o interpreti su un palcoscenico, compiono gesti rituali che intrecciano disciplina e identità con il brusio incessante della storia. Nello sforzo, emerge anche un aspetto raramente associato alla figura maschile: la fragilità. Nkoth coglie il corpo non solo nel vigore e nello slancio, ma anche nel riposo. Le azioni diventano dialoghi sulla sopravvivenza, sulla resistenza e sulla costruzione del sé, in un mondo in cui il cambiamento è continuo e il passato riaffiora.

