Il dottor Eugenio Serravalle, sul sito dell’associazione Assis, ha commentato il discorso di Edward H. Kass, “Le malattie infettive e il cambiamento sociale”. Nel 1970, Kass, allora presidente della Infectious Diseases Society of America, tenne un discorso che segnò una svolta nel pensiero medico contemporaneo. In quel periodo, la medicina stava trionfando sulle grandi piaghe infettive del passato e si parlava di “fine delle epidemie”. Tuttavia, Kass andò controcorrente, sostenendo che la salute non nasce dall’assistenza sanitaria, ma dalla giustizia sociale.
Kass denunciò il rischio di vivere nell’illusione delle mezze verità, affermazioni solo parzialmente vere che diventano dogmi. Sottolineò che la riduzione della mortalità per tubercolosi, difterite, polmonite e altre malattie era avvenuta prima dell’introduzione di antibiotici e vaccini, grazie al miglioramento delle condizioni di vita, come alimentazione, igiene, abitazioni e istruzione. La salute, sosteneva Kass, non è solo un fatto biologico, ma anche sociale e ambientale.
Kass anticipò i concetti di determinanti sociali di salute, sostenendo che le malattie infettive non sono solo eventi biologici, ma anche indicatori sociali che rivelano dove la società è ferita. La medicina che ignora il contesto sociale rischia di essere solo un’illusione tecnologica, curando i sintomi ma non le cause. Kass richiamò i medici a una responsabilità collettiva, a vedere l’uomo intero, non solo il suo corpo.
Il discorso di Kass è ancora attuale, soprattutto dopo l’esperienza del COVID-19, che ha riportato alla luce l’intreccio profondo tra malattia, ambiente, disuguaglianza e cultura sanitaria. La lezione di Kass ci ricorda che non esiste una salute biologica separata da quella sociale ed ecologica, e che la medicina può curare, ma solo la società può guarire. Il compito del medico è restituire alla scienza un’anima, tornando a essere coscienza critica del proprio tempo.

