Massimo Bossetti, carpentiere di Mapello, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, si è raccontato in un’intervista a Francesca Fagnani, andata in onda su Rai2. Bossetti ha ribadito la sua innocenza, esprimendo confusione su come il suo Dna sia stato trovato sugli indumenti della giovane vittima, affermando: «È quello che vorrei capire anche io». Oltre a negare di sentire “un inferno dentro”, ha descritto l’accusa come un’etichetta da cui fatica a liberarsi.
Durante l’intervista, ha raccontato il supporto della sua famiglia, fondamentale nella sua resilienza in carcere. Bossetti ha anche discusso della giornata in cui Yara è scomparsa, sostenendo che per lui fosse un giorno normale. Riguardo all’accusa, ha citato il Dna nucleare, che secondo Bossetti non sarebbe dovuto rimanere così a lungo e ha evidenziato l’assenza di Dna mitocondriale, generalmente utilizzabile per identificare una linea familiare.
Condannato in via definitiva il 12 ottobre 2018, Bossetti fu arrestato nel 2014, quattro anni dopo la scomparsa della tredicenne avvenuta il 26 novembre 2010. Il suo Dna risultò presente su alcuni indumenti di Yara, un aspetto centrale dell’indagine. Bossetti ha parlato della sua infanzia, definita tormentata, per i conflitti familiari e per la scoperta di avere un padre biologico diverso da quello conosciuto.
Nel confronto con il concetto di verità, ha dichiarato di sentirsi in compresenza di bugie, accennando anche alla sua vita personale, segnata dalle infedeltà della moglie.
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Fonte: bergamo.corriere.it