Nel recente contesto di conflitto in Libano e Gaza, le esplosioni di dispositivi di comunicazione di Hezbollah e i bombardamenti aerei israeliani su obiettivi di alto profilo all’interno dell’organizzazione hanno messo in evidenza l’efficienza dei servizi segreti israeliani, in particolare il Mossad. Questo organismo è noto per la sua abilità di raccolta informazioni sulle organizzazioni nemiche, come Hamas. La situazione è complicata dalla convinzione che Netanyahu fosse a conoscenza dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, suscitando dubbi sulla sua mancata reazione. Alcuni osservatori ritengono che Netanyahu avesse pianificato una risposta violenta contro Gaza, approfittando della situazione per giustificare pesanti operazioni di bombardamento.
In effetti, il modus operandi di Netanyahu suggerisce che ha facilitato l’emergere di Hamas nel passato, per indebolire l’Autorità Palestinese e ostacolare la soluzione dei due Stati. Secondo l’analista Fareed Zakaria, gli sforzi dei governi israeliani degli ultimi tre decenni hanno contribuito a delegittimare l’Autorità Palestinese e a radicare tra i palestinesi la convinzione che solo la violenza potesse portare a un cambiamento.
Il discorso della Meloni e di Biden all’ONU sui diritti degli israeliani al ritorno nelle loro case solleva interrogativi sul riconoscimento di tali diritti per i palestinesi espulsi durante la Nakba e in seguito. Questo doppio standard ha complicato gli sforzi di pace. Inoltre, la crescente frustrazione tra i palestinesi è alimentata dall’assenza di diritti e opportunità, e dall’occupazione in corso.
La direzione intrapresa da Netanyahu e dal suo governo, caratterizzata da una retorica violenta e da dichiarazioni estreme da parte di importanti figure della destra israeliana, mette in dubbio una possibile soluzione pacifica al conflitto. Questo clima di tensione mette in luce il rischio che la situazione possa peggiorare ulteriormente, con la violenza che diventa l’unico canale di espressione per una popolazione privata dei suoi diritti.
Infine, la proposta di un cambiamento radicale come quello attuato in Sud Africa con Nelson Mandela sembra irreale in Israele, dove l’idea di un leader palestinese al governo è considerata inaccettabile dai vertici politici. La crescente polarizzazione e le spinte ultra-nazionaliste non promettono nulla di buono per la possibilità di una pace duratura e giusta nella regione.