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Netanyahu in Italia: Un’Accoglienza Dedicata

Il vicepremier Matteo Salvini ha dichiarato la sua intenzione di incontrare presto esponenti del governo israeliano, affermando che, qualora Netanyahu venisse in Italia, sarebbe il benvenuto. Durante un’assemblea dell’Anci, Salvini ha sottolineato l’importanza di Israele come una delle poche democrazie in Medio Oriente, enfatizzando che i cittadini israeliani vivono da decenni sotto la costante minaccia dei missili. Secondo lui, definire Netanyahu un criminale di guerra è irrispettoso e pericoloso, poiché Israele difende non solo se stesso ma anche le libertà e i valori occidentali. Ha osservato che questa posizione è influenzata da alcune nazioni islamiche che hanno una maggioranza in determinate istituzioni internazionali.

Al contrario, il primo ministro irlandese Simon Harris ha espresso una posizione netta sul tema, dichiarando che Netanyahu sarebbe arrestato in Irlanda. Harris ha evidenziato il supporto per i tribunali internazionali e l’impegno a rispettare i loro mandati, inclusi quelli contro la leadership di Hamas. Il ministro degli Esteri irlandese, Micheal Martin, ha condannato fermamente le azioni di Hamas e Hezbollah e ha evidenziato il ruolo negativo che l’Iran gioca nella regione. Tuttavia, ha anche notato la complessità della situazione.

Martin ha criticato l’approccio degli Stati Uniti verso la Corte penale internazionale, in particolare riguardo ai mandati contro Netanyahu e altri leader israeliani, sottolineando che le azioni condotte dall’esercito israeliano a Gaza sono da considerarsi crimini di guerra e, in alcuni casi, addirittura genocidio. Questo ha sollevato preoccupazioni riguardo alla risposta americana, in quanto Martin non condivide la visione di Biden, che ha definito “oltraggiosi” i mandati contro Netanyahu e Gallant.

In sintesi, mentre Salvini sostiene con fervore il governo israeliano e il suo diritto all’autodifesa, il governo irlandese mostra una posizione critica, sostenendo l’applicazione delle leggi internazionali e la responsabilità dei leader in caso di crimini di guerra.

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