Il 30 marzo si celebra la «Giornata della Terra palestinese», un evento che commemora le mobilitazioni del 1976 contro l’esproprio israeliano in Galilea. Quella protesta, repressa dalle forze israeliane, portò alla morte di sei persone. Oggi, il numero delle vittime palestinesi dal 7 ottobre 2023 supera le 50.000, con una media di 250 uccisi al giorno. Questa giornata, quasi cinquant’anni dopo, diventa un’opportunità per manifestazioni globali nel 2025 per chiedere un cessate il fuoco permanente a Gaza e la fine dell’occupazione. In Italia, si richiederà anche la liberazione di Anana Yaeesh, un palestinese arrestato con accuse di terrorismo. Il suo processo inizierà il 2 aprile all’Aquila.
A Firenze, il 30 marzo coinciderà con il fine del Ramadan, ospitando una tappa della mostra «Parlami di Gaza», a cura della sceneggiatrice e scenografa palestinese Mervat Alramli. Anche Ahmad Jarboa, fotografo palestinese, e Mohammed Abusenjer, musicista di oud, prenderanno parte all’evento. La relazione con la terra è un tema ricorrente nella lotta palestinese, evidenziata dalla dichiarazione di Yaeesh e dalle opere artistiche che narrano la storia del popolo palestinese. Un esempio è il documentario “No other Land”, che racconta il tentativo di proteggere il villaggio di Masafer Yatta.
Il film “Foragers” di Jumana Manna esplora il conflitto tra le autorità israeliane e i palestinesi che raccolgono piante tradizionali. Dal 1977, la legislazione israeliana ha vietato la raccolta di piante come lo za’atar, utilizzato nella cucina palestinese, segnando un atto di repressione culturale. La questione della raccolta di piante proibite resta attuale, con permessi concessi per uso personale ma accompagnati da multe e arresti.