Per Tim, si avvicina un momento decisivo, come sottolinea Vincenzo Vita nel suo articolo. L’Italia rischia di diventare il primo paese europeo in cui un ex monopolista, Tim, perde la sua primazia. Da anni, a partire dalla privatizzazione del 1997, l’azienda è sotto attacco e si trova in una situazione difficile, indebitata e con un proprietario sempre più straniero. Tim deve affrontare la sfida dell’innovazione tra oligarchi della rete, intelligenza artificiale e cybersicurezza, pena un possibile declino. L’indebitamento è altissimo e l’uscita di Vivendi dall’azionariato insieme all’interesse del Fondo KKR mette a rischio il futuro dell’azienda.
Inoltre, la divisione di Tim, pensata per alleggerire il peso della struttura, ha finito per esporre l’azienda a ulteriori problemi. C’è l’interesse di Iliad e la possibile entrata di Poste Italiane, che ha acquistato una quota significativa di Cassa depositi e prestiti. Resta in sospeso la questione della vendita di Sparkle, cruciale per la sicurezza delle connessioni, e si registrano cambiamenti nella leadership, come le dimissioni dell’amministratore delegato Luigi Ferraris.
Le promesse della politica, come quella di una “rete unica”, sono rimaste dichiarazioni senza seguito. L’inefficacia del governo nel disegnare una strategia effettivamente nazionale è evidente, mentre dovrebbero essere implementate politiche di sostegno statale per evitare che il settore delle telecomunicazioni subisca ulteriori svendite e privatizzazioni. La mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni è palpabile, complicata dal rinvio degli incontri con i sindacati.