Nell’Italia post-pandemia, il lavoro non si basa più solo sulla retribuzione. Un’indagine di BIG per Grenke Italia rivela che, sebbene il 97,3% dei lavoratori consideri il salario essenziale, questo non basta più a garantire motivazione e fedeltà. Altri aspetti cruciali comprendono lo sviluppo professionale (92%), una cultura aziendale condivisa (92%), flessibilità oraria (91%) e la possibilità di lavorare da remoto, particolarmente per i più giovani.
Fabiana Carioli, HR Director di Grenke, sottolinea che la giustizia retributiva deve includere riconoscimento, welfare e formazione continua, promuovendo un equilibrio tra vita professionale e personale. Filippo Poletti evidenzia l’importanza di creare un ambiente lavorativo significativo, avvertendo che la mancanza di senso può portare a fenomeni come il “quiet quitting”.
Questo termine, diventato popolare nel 2022, descrive la situazione in cui i lavoratori fanno il minimo indispensabile, senza impegno extra. È una reazione a carichi di lavoro eccessivi e alla mancanza di riconoscimento. Tiziano Bertolotti, Ceo di Peoplelink, afferma che investire nel benessere dei dipendenti e nella loro crescita è fondamentale per contrastare il quiet quitting, suggerendo una cultura di ascolto attivo.
Secondo una ricerca Gallup, il 60% dei lavoratori globali si sente poco coinvolto, e in Italia solo il 5% delle imprese adotta modelli di leadership partecipativi. Le aspettative riguardo alla retribuzione variano tra generazioni; per i baby boomers rappresenta stabilità, mentre per la Gen Z è un mezzo per esperienze significative. La flessibilità, ritenuta fondamentale dal 91,2% del campione, e lo smart working sono aspetti sempre più richiesti.
Infine, le aziende devono riconoscere e valorizzare i dipendenti, investire in crescita professionale e coltivare una leadership empatica, ascoltando attivamente il clima aziendale.
Elaborazione AI: RassegnaNotizie.it
Fonte: www.vanityfair.it