La riforma modifica il Titolo IV della Costituzione con l’obiettivo di separare le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti. Tra le principali novità vi è l’istituzione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura: uno per i magistrati giudicanti e uno per i magistrati requirenti. La presidenza di entrambi i CSM è attribuita al Presidente della Repubblica, con il primo Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale della Corte di Cassazione come membri di diritto.
La composizione dei due CSM prevede che un terzo dei membri sia estratto a sorte da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento, mentre i restanti due terzi siano rispettivamente scelti tra i magistrati giudicanti e requirenti. I vicepresidenti vengono eletti tra i componenti sorteggiati, e coloro che sono designati rimangono in carica per quattro anni, senza poter partecipare al sorteggio successivo né iscriversi negli albi professionali o far parte di organi legislativi.
Un’altra innovazione consiste nell’istituzione dell’Alta Corte disciplinare, che si occupa della giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti. Essa è composta da 15 giudici, selezionati come segue: 3 nominati dal Presidente della Repubblica, 3 estratti a sorte da un elenco parlamentare, 6 tra magistrati giudicanti con specifici requisiti, e 3 tra magistrati requirenti sempre con requisiti specifici. Il presidente dell’Alta Corte deve essere scelto fra i giudici nominati dal Presidente o sorteggiati dal Parlamento.
È prevista la possibilità di impugnare le sentenze dell’Alta Corte, che giudica in composizione differente rispetto al primo grado. Anche i giudici dell’Alta Corte rimangono in carica per quattro anni, ma l’incarico non è rinnovabile. L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con le cariche di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un Consiglio regionale, di Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con altri uffici stabiliti dalla legge.
Queste modifiche mirano a garantire una maggiore autonomia e separazione tra le funzioni giudiziarie e quelle di accusa, migliorando anche il funzionamento del sistema giudiziario italiano.