Prima di Tangentopoli, Rino Formica paragonò la sanità a un convento povero con monaci ricchi, evidenziando il contrasto tra costi e spese. Nel Libro Bianco sulla Sanità, Aracne, 2024, si osserva l’impatto della legge Brunetta (2008) che prevedeva un taglio del 20% agli stipendi dei direttori generali delle aziende sanitarie. Dallo studio condotto da Vania Carignani, emerge che il 47% delle 16 Regioni esaminate ha applicato il taglio, ma i risultati sono variabili: alcune hanno mantenuto i compensi invariati o addirittura aumentati. Gli stipendi vanno da 113.621 a 182.023 euro, con una media ora di 140.344 euro. Tuttavia, in regioni come Molise, Abruzzo e Sardegna, si verifica una migrazione sanitaria costosa, sollevando interrogativi sull’allocazione delle risorse nel settore.
In Sicilia, per rispondere alle difficoltà dei direttori generali, si moltiplicano gli incarichi. Il deputato Di Paola ha denunciato un caso emblematico: un direttore generale, Ferdinando Croce, ricopre anche incarichi comunali, risultando assente in molte sedute di giunta. Di Paola ha proposto una legge che impedisca la conferibilità di incarichi pubblici a chi ha già ricoperto ruoli di vertice nelle aziende sanitarie, per evitare conflitti d’interesse. Questa proposta prevede che non possano essere nominati assessori regionali o comunali coloro che hanno avuto incarichi di direzione nelle aziende sanitarie nell’anno precedente. La legge mira a garantire una migliore gestione delle risorse sanitarie e a evitare che i controllori siano anche controllati. Si attende di vedere l’esito di questa iniziativa legislativa.