Sono solita esclamare “Ma che buono!” di fronte a una pietanza ben presentata o un dolce attraente, anche se mi viene sempre fatto notare che bisogna assaggiare per poter giudicare. Tuttavia, nel caso del podcast “La sindrome di Baj” di Daniele Vaschi, prodotto da Punkrockers Audioproduzioni e Storielibere, non c’è bisogno di aspettare per consigliarlo.
Il podcast è una serie di sei puntate, pubblicate a cadenza settimanale, e si tratta di un viaggio narrativo che si sviluppa a ritroso nel tempo, partendo dalla mostra milanese “Baj chez Baj” a Palazzo Reale e immergendosi nella vita e nell’immaginario dell’artista Enrico Baj. Daniele Vaschi si è innamorato dell’opera di Baj e ha sviluppato quella che lui stesso definisce “la sindrome di Baj”, collezionando cataloghi e desiderando sapere tutto del suo universo poetico e della sua arte trasgressiva.
Nel primo episodio, Vaschi dialoga con Roberta Cerini Baj, moglie e archivio vivente dell’artista, che inizia il racconto dalla celebre opera “I funerali dell’anarchico Pinelli”, un esempio di come Baj usasse i suoi personaggi surrealisti per criticare ogni forma di conformismo. Il viaggio prosegue nel Varesotto, terra natale di Vaschi, dove Baj scelse di vivere “adagiato sul verde”, e poi a Pontedera, davanti al grande muro dipinto da Baj poco prima della sua morte.
Il podcast è un racconto intimo e luminoso, narrato con lo stile brillante e personale di Daniele Vaschi, che ha già vinto il premio “Miglior Podcast dell’Anno” e della categoria Business. La sindrome di Baj è contagiosa e irresistibilmente libera, e il podcast è un’opportunità unica per scoprire l’opera e la vita di Enrico Baj, un artista irriverente e patafisico che è stato un vero precursore nel suo tempo.

