La tassazione è considerata da alcuni un esempio di “tirannia silenziosa”. L’economista francese Pascal Salin sostiene che il termine non è esagerato, poiché un tiranno è colui che non rispetta i diritti altrui, in particolare quelli di proprietà. La tassazione è un pagamento imposto con la forza, indipendentemente dai benefici individuali, e lo Stato preleva risorse rivendicando di agire per l’interesse generale.
Questo sistema può essere visto come una sottrazione obbligatoria che mina gli incentivi produttivi, poiché ogni azione nasce dall’aspettativa di un vantaggio futuro. Se i frutti vengono sottratti dal prelievo fiscale, la spinta a lavorare, innovare, risparmiare e investire si indebolisce. Inoltre, lo Stato fornisce beni apparentemente gratuiti, che possono indurre le persone a rinunciare a migliorarsi.
La tassazione colpisce anche lo scambio, poiché grava soprattutto sulle attività di mercato, inducendo molti a produrre da sé ciò che altri farebbero meglio. Ciò riduce la specializzazione, che è la vera fonte della prosperità. La tassazione è inoltre caratterizzata da opacità, poiché non è mai chiaro chi sopporta davvero il peso delle imposte.
A tutto questo si somma lo spreco, poiché i sistemi fiscali complessi costringono cittadini e imprese a spendere tempo e denaro per rispettare obblighi intricati. La tassazione è anche ingiusta per natura, poiché è un attacco diretto ai diritti di proprietà, che sono la base della libertà individuale. La progressività della tassazione serve solo a mascherare la spoliazione con la retorica della redistribuzione.
Il bilancio che ne deriva è netto: il fisco si mostra destabilizzante, opaco, inefficiente e iniquo. Per ridurre il peso delle imposte e sostituire quante più funzioni pubbliche con libere decisioni private, è necessario ridurre drasticamente il peso delle imposte. Solo così sarà possibile alleggerire, e forse un giorno eliminare, quella che merita senza esitazione il nome di tirannia fiscale.
