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mercoledì – 12 Novembre 2025

Trump riorienta potere Usa

Da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, la scena internazionale è sospesa tra due epoche: quella della supremazia militare americana globale al tramonto e quella della nuova potenza che cerca di riorientarsi entro i confini più realistici del proprio potere effettivo. Gli Stati Uniti non rinunciano al primato, ma ne ridefiniscono la forma: da egemonia planetaria a leadership perimetrale, fondata sulla pressione economica e la negoziazione asimmetrica.

Trump ha intuito che l’oceano non è più il mare della libertà americana, ma il limite del suo dominio. Le rotte marittime che un tempo garantivano la penetrazione strategica degli Stati Uniti sono ora costellate di presenze concorrenti, come la marina cinese nel Pacifico e la flotta russa artica. Il potere di proiezione, fondamento dell’egemonia statunitense, si è logorato nel mare stesso che ne fu il veicolo.

In questa logica, Trump ha deciso di risalire la corrente, tornando al principio di prossimità: dominare non il mondo, ma i perimetri che toccano gli Stati Uniti. La sua nuova dottrina prevede il protezionismo economico e la contrattualizzazione dell’alleanza, con tariffe universali e barriere selettive sui prodotti strategici. “America First” non è più uno slogan ideologico, ma una formula operativa: se l’America deve garantire la difesa dell’Europa, questa deve pagare il prezzo.

Gli Stati Uniti restringono il loro campo d’azione al Nord Atlantico, al Pacifico occidentale e al bacino artico, cioè alle aree dove l’influenza è ancora misurabile in termini di controllo diretto delle rotte e delle risorse. L’interesse per la Groenlandia è un esempio di questa strategia, visto che la regione è considerata un prolungamento naturale del continente americano e una piattaforma mineraria e militare di straordinaria importanza.

La “supremazia perimetrale” di Trump sembra voler riscoprire il vecchio principio di Monroe, ma in chiave economica: “l’emisfero occidentale agli americani”, non più come esclusione delle potenze europee, ma come riserva di stabilità economica e politica da contrapporre al blocco asiatico. L’America cerca di ricolonizzare se stessa, riassorbendo le sue dipendenze industriali e riallineando le sue alleanze.

Nel breve periodo, la mossa di Trump appare vincente, con l’Europa costretta a raddoppiare le spese per la difesa e la Cina che riprende ad acquistare grano e semiconduttori statunitensi. La forza dell’America non è più nel suo esercito, ma nella sua indispensabilità: un potere che non si vede, ma che si avverte ogni volta che si cerca un equilibrio e si scopre che nessuno può darlo senza l’assenso di Washington.

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