L’Umbria è la penultima regione in Italia per performance economica, davanti solo all’Emilia-Romagna. Un’analisi del centro studi Tagliacarne e Unioncamere, realizzata con il supporto della Camera di Commercio dell’Umbria, rivela che la crescita nominale della regione è dello 0,99%, ma è annullata dall’inflazione. Il divario con la media nazionale si allarga, confermando una crisi strutturale di lungo periodo.
Il valore aggiunto pro capite in Umbria è di 28.030 euro, sceso all’84,1% della media nazionale. La regione ha perso terreno e rischia di restare ai margini della ripresa. La crisi è dovuta in parte al drammatico arretramento del settore manifatturiero, con un calo del valore aggiunto dell’8,08%, il peggiore in Italia. La provincia di Terni è la peggiore in Italia con una contrazione del valore aggiunto industriale del 10,45%, mentre la provincia di Perugia è quartultima con un calo del 7,53%.
Il settore delle costruzioni contribuisce negativamente al dato con un arretramento del 6%, il secondo peggior risultato a livello nazionale. Tuttavia, due settori si rivelano vitali per l’economia regionale: l’agricoltura e i servizi commercio, turismo e ristorazione. L’agricoltura cresce del 13,64%, tre punti sopra la media nazionale, sostenuta dall’agroalimentare di qualità e dal turismo rurale. I servizi commercio, turismo e ristorazione crescono del 3,3%, in linea con la media italiana.
La pubblica amministrazione è un altro settore che registra un dato positivo, con Terni che conquista il primo posto in Italia per l’aumento del valore aggiunto nel comparto che include pubblica amministrazione, sanità e servizi culturali. L’Umbria registra una dinamica positiva in questo ambito, superiore alla media nazionale, grazie alla presenza di strutture pubbliche e alla vivacità del tessuto culturale. La regione è la prima in Italia per numero di attività culturali e spettacoli in rapporto alla popolazione.

