Ingegnerizzare e riprogrammare la proteina TRIM21 per contrastare gli aggregati proteici è un approccio innovativo che potrebbe portare a nuovi trattamenti per malattie come Alzheimer e Parkinson. Un team di scienziati dell’MRC Laboratory of Molecular Biology di Cambridge, in collaborazione con il Dementia Research Institute, ha pubblicato un articolo su Cell, presentando i risultati promettenti della loro ricerca.
Guido Papa, ricercatore italiano e co-primo autore dello studio, spiega che TRIM21 è nota per le sue capacità di combattere le infezioni virali. Comprendendo i meccanismi di questa proteina, i ricercatori l’hanno riprogrammata per attaccare proteine che tendono ad aggregarsi all’interno delle cellule. La strategia adottata è simile al “cavallo di Troia”: sono stati fusi componenti di TRIM21 con proteine che formano aggregati, in modo che TRIM21 potesse raggiungere e degradare gli aggregati proteici.
I ricercatori si sono concentrati sugli aggregati della proteina Tau, associati alla neurodegenerazione nella malattia di Alzheimer. Questi aggregati rappresentano una vera e propria forma di “rifiuto” nelle cellule cerebrali, causando la morte neuronale e aggravando i sintomi della malattia. Nelle prime sperimentazioni condotte su colture cellulari e modelli murini, sono stati riscontrati risultati notevoli. Papa sottolinea una significativa riduzione degli aggregati di tau e un miglioramento delle capacità motorie degli animali, suggerendo che questo approccio possa avere benefici concreti sulla salute.
Il lavoro dei ricercatori rappresenta un primo passo verso lo sviluppo di una terapia efficace per malattie neurodegenerative, anche se Papa avverte che c’è ancora molta strada da fare prima di tradurre queste scoperte in un farmaco. Tuttavia, esprime grande ottimismo, poiché la tecnologia potrebbe essere adattata per affrontare vari tipi di aggregati proteici, aprendo la possibilità di sviluppare trattamenti targeting per diverse condizioni patologiche caratterizzate dall’accumulo di proteine aggregate.
Questa ricerca non solo pone le basi per future terapie, ma segna anche un importante avanzamento nel campo delle neuroscienze e nella lotta contro le malattie neurodegenerative, offrendo speranza per nuove strategie terapeutiche.