Il progetto “Virtual Dog” mira a sviluppare un modello di machine learning capace di prevedere se una determinata sostanza chimica potrebbe risultare tossica per i cani. Questo progetto è finanziato dal National Centre for the Replacement, Refinement and Reduction of Animals in Research e da sette grandi aziende farmaceutiche. La FDA e l’Agenzia per la Protezione Ambientale hanno recentemente annunciato che non sarà più obbligatorio ricorrere ai test sugli animali per alcune classi di farmaci e sostanze chimiche in fase di valutazione.
Il dibattito sulla possibilità di sostituire i test sugli animali nella ricerca biomedica è aperto. La sperimentazione animale rappresenta uno snodo cruciale nello sviluppo di nuovi farmaci e sostanze chimiche, ma i suoi limiti sono sempre più evidenti. Tuttavia, l’idea di superarla del tutto resta problematica, tanto sul piano scientifico quanto su quello normativo ed etico.
Esistono già esempi di sistemi che funzionano, come il “fegato su chip” prodotto dall’azienda biotecnologica Emulate Inc., che è progettato per replicare alcune funzioni dell’organo umano e testare la sicurezza dei farmaci. Un altro esempio è lo strumento di previsione basato sull’intelligenza artificiale sviluppato dal laboratorio di Thomas Hartung, che è stato addestrato su circa 10 milioni di strutture chimiche note e può prevedere il comportamento delle nuove sostanze chimiche in nove test tradizionalmente condotti sugli animali.
Gli Stati Uniti stanno spingendo per l’uso dell’intelligenza artificiale nella ricerca biomedica, con investimenti crescenti dei National Institutes of Health in alternative alla ricerca sugli animali. Anche in Europa, il tema è al centro dell’agenda politica e regolatoria, con la Commissione Europea che ha annunciato la pubblicazione di una roadmap per l’eliminazione graduale della sperimentazione animale nella valutazione della sicurezza chimica.
Tuttavia, nonostante lo slancio, nessun modello è ancora in grado di riprodurre appieno la complessità della biologia umana e soprattutto il coordinamento tra organi diversi. Gli strumenti di intelligenza artificiale dipendono fortemente dalla qualità dei dati su cui vengono addestrati e non sempre sono in grado di gestire la complessità delle piccole molecole. Il dibattito resta aperto e il futuro che si delinea è quello di una convivenza tra organoidi, chip d’organo e piattaforme di intelligenza artificiale, che offriranno strumenti sempre più precisi per identificare rischi specifici, e gli animali, che continueranno a rappresentare un passaggio inevitabile almeno in alcuni contesti.
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