Nonostante la Brexit, il Regno Unito rappresenta la terza comunità italiana in Europa. Qui, il tasso di affluenza al referendum dell’8 e 9 giugno è stato del 24,52%, superiore a quello di Calabria e Trentino. Questo risultato è significativo in un contesto dove l’affluenza globale degli italiani all’estero è stata del 23,76%, pari a circa un milione di voti. Tali voti sono stati utilizzati da alcuni partiti, come il Pd, per affermare una “soglia” di supporto politico, in particolare sui quesiti riguardanti il lavoro e la cittadinanza.
Tuttavia, la comunità italiana all’estero ha evidenziato preferenze diverse rispetto a quelle nazionali, con un predominio dei Sì sui lavorativi, mentre sulla cittadinanza le preferenze si sono allineate ai risultati italiani, con alcune eccezioni, come la Svizzera. Secondo YouTrend, la “soglia” non è stata raggiunta sui quesiti di cittadinanza, evidenziando così una sconfitta politica.
L’invocazione ai “12 milioni di voti” risulta problematica, poiché rappresenta solo un terzo degli italiani e potrebbe minacciare l’integrità della democrazia diretta. I referendum, infatti, non sono comparabili con le elezioni, e cercare di trarne legittimità populista rischia di banalizzare sia il voto che l’elettorato. Questo approccio potrebbe indebolire ulteriormente il loro significato, trasformando il dibattito politico in una mera competizione di consenso, incapace di affrontare le questioni complesse della rappresentanza.
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Fonte: www.editorialedomani.it